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TFR in azienda o fondo pensione? Come scegliere nel 2025

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Conviene lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione? Una guida chiara per capire come funziona e prendere decisioni consapevoli.

Cos’è il TFR e come funziona

Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) è una forma di retribuzione differita che il datore di lavoro accantona ogni anno per ciascun dipendente. Ogni anno cresce secondo una formula prestabilita: 1,5% fisso + 75% del tasso d’inflazione.

Il TFR matura fino alla cessazione del rapporto di lavoro, quando viene liquidato in un’unica soluzione.

Dal 2007 i lavoratori dipendenti possono scegliere se lasciarlo in azienda o destinarlo a un fondo pensione.

Cos’è un fondo pensione

I fondi pensione sono strumenti di  previdenza complementare che hanno l’obiettivo di integrare la pensione pubblica. I fondi pensione investono i contributi raccolti (compreso il TFR conferito) in strumenti finanziari con l’obiettivo di ottenere un rendimento nel tempo.

Esistono tre tipologie principali:

  • Fondi negoziali (o chiusi), riservati a categorie professionali specifiche.
  • Fondi aperti, accessibili a chiunque
    .
  • PIP (Piani Individuali Pensionistici), contratti assicurativi individuali.

TFR in azienda o in un fondo pensione? Le differenze chiave

Rivalutazione e rendimenti
  • In azienda: rivalutazione modesta e garantita (1,5% + 75% inflazione).
  • Nei fondi pensione: possibilità di rendimenti superiori, ma con un minimo rischio di mercato.
Tassazione
  • TFR lasciato in azienda: tassato come reddito separato, con aliquote dal 23% al 43%.
  • Fondi pensione: tassazione agevolata dal 15% fino al 9%, in base agli anni di permanenza.

Finalità

Il vantaggio dei fondi di categoria

Un punto spesso decisivo riguarda i fondi pensione di categoria, chiamati anche fondi negoziali. Sono riservati a specifici settori professionali (ad esempio Cometa per i metalmeccanici, Fonchim per i chimici, Fon.Te per i dipendenti del commercio) e nascono da accordi collettivi tra sindacati e datori di lavoro.

La grande differenza rispetto a un fondo pensione aperto è che, oltre al TFR, in questi casi il lavoratore beneficia di un contributo aggiuntivo del datore di lavoro. Questo contributo extra rappresenta un vero e proprio “bonus previdenziale” che accelera la crescita della posizione individuale.

In pratica, se lasci il TFR in azienda non ricevi nulla in più; se lo versi in un fondo di categoria, oltre alla rivalutazione e ai vantaggi fiscali ottieni anche una quota aggiuntiva pagata dal tuo datore di lavoro. Un’opportunità che, nel medio-lungo periodo, può fare una grande differenza sul capitale accumulato per la pensione.

Per questo motivo, per chi appartiene a categorie coperte da fondi negoziali, il conferimento del TFR è spesso la scelta più conveniente.

Vantaggi e svantaggi a confronto

Lasciare il TFR in azienda

✅ Sicurezza e zero rischio di mercato

✅ Rivalutazione garantita con inflazione

❌ Rendimento basso

❌ Tassazione più pesante

❌ Nessun contributo extra del datore di lavoro


Conferire il TFR a un fondo pensione

✅ Possibilità di rendimenti più elevati

✅ Tassazione agevolata dal 15% al 9%

✅ Contributo extra del datore (nei fondi di categoria)

❌ Rischio legato all’andamento dei mercati

❌ Maggior vincolo di lungo periodo


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Conviene il fondo pensione nel 2025?

Alla luce del quadro demografico e previdenziale, la risposta tende a essere positiva. La pensione pubblica garantirà in futuro un tasso di sostituzione sempre più basso, rendendo necessario costruire forme di risparmio integrative.

  • Per i giovani lavoratori i fondi pensione sono una scelta quasi obbligata: hanno tempo a disposizione per sfruttare i mercati e i vantaggi fiscali.
  • Per chi è a metà carriera, la decisione dipende dal proprio settore: con fondi di categoria, la convenienza è alta.
  • Per chi è vicino alla pensione, il TFR in azienda può essere più prudente, vista la breve durata residua e la necessità di liquidità.

Conclusione

Il dilemma tra lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione non ha una risposta unica. Dipende dall’età, dal settore, dal livello di rischio accettato e dalla situazione familiare.

Ma una cosa è certa: conoscere bene le differenze e i vantaggi fiscali può fare la differenza tra un capitale che si rivaluta lentamente e una previdenza complementare solida, in grado di integrare la pensione pubblica.