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Giornata lavorativa infinita: siamo sommersi dalle notifiche?

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Settimane sempre più lunghe, confini sempre più sfumati: il lavoro dopo il lavoro è diventato la regola?

Nelle scorse settimane Microsoft ha pubblicato uno studio dal titolo “Breaking down the Infinite Workday”, che ha analizzato il comportamento digitale di oltre 31.000 lavoratori in 31 Paesi. I dati sono chiari: la tradizionale giornata lavorativa è in crisi. Non perché non si lavori più, ma perché non si smette mai davvero di lavorare.

La cosiddetta “infinite workday”, o giornata lavorativa infinita, è diventata uno standard diffuso, spinta dalla trasformazione digitale, dallo smart working e da un uso ormai pervasivo di strumenti come email, chat e app di messaggistica (Slack, Teams, Google Meet...).

Lavoratori iperconnessi: il 40% risponde alle email alle 6 del mattino

Secondo il report Microsoft, il 40% delle persone controlla le email prima delle 6:00 del mattino. E la giornata non finisce certo con il tramonto: gli incontri di lavoro dopo le 20:00 sono aumentati del 30% rispetto all’anno precedente.

Ma il dato forse più emblematico è un altro: in media, ogni giorno un lavoratore gestisce 117 email, riceve 153 messaggi su Teams e affronta 275 interruzioni. In pratica, un’interruzione ogni 1 minuto e 45 secondi.

È come se l’intera giornata fosse frammentata in micro-task, notifiche, urgenze improvvise. Un ritmo che, se non gestito, può trasformarsi in caos.

Il confine vita-lavoro si è dissolto

La progressiva erosione del confine tra vita privata e lavoro è emersa con forza anche da altri numeri:

  • 1 lavoratore su 5 lavora regolarmente nel weekend, con controlli attivi anche di domenica.
  • Il 57% delle riunioni non è neanche pianificato: avviene fuori agenda, spesso all’ultimo minuto.

Il risultato? Molti lavoratori descrivono le loro giornate come “caotiche e frammentate”, con un senso costante di rincorsa.

La sensazione di “avere sempre qualcosa da fare” si traduce in stress e fatica mentale, più che in vera produttività.

La domenica, un tempo considerata spazio inviolabile per la sfera personale, è diventata per molti un giorno “utile” per recuperare arretrati, preparare la settimana entrante o gestire le comunicazioni in arrivo da colleghi internazionali.

Questa scomparsa del tempo di recupero comporta effetti concreti sul benessere: meno tempo per sé, per la famiglia e per il riposo mentale. La distinzione tra tempo “on” e “off” è sempre più sfumata — e il rischio burnout diventa più concreto.

I rischi per benessere e produttività

Questa modalità lavorativa ha un costo:

  • Burnout diffuso: chi lavora senza pause rischia di bruciare le energie prima della fine della giornata (figuriamoci se parliamo della settimana).
  • Riduzione della concentrazione: il continuo passaggio da un'attività all'altra rende difficile lavorare su compiti complessi.
  • Perdita di efficienza: tante ore online non equivalgono a risultati migliori, anzi.

Come affrontare la “infinite workday”?

Microsoft suggerisce alcune strategie concrete per aiutare aziende e lavoratori a recuperare il controllo sul proprio tempo:

  • Applicare la regola dell’80/20: concentrarsi su quel 20% di attività che genera l’80% dei risultati.
  • Riorganizzare i team su obiettivi, non solo su ruoli gerarchici.
  • Affiancare le persone con strumenti di intelligenza artificiale per gestire attività ripetitive.
  • Creare momenti liberi da interruzioni, veri e propri slot di deep work in agenda.

L’obiettivo è costruire un modello di lavoro sostenibile, che valorizzi sia la performance che il benessere.

Un’occasione per ripensare il modo in cui lavoriamo

Il fenomeno della giornata lavorativa infinita evidenzia un nodo sempre più centrale: non è tanto una questione di ore, ma di equilibrio. La tecnologia ci ha permesso di essere sempre connessi, ma senza una cultura del lavoro che protegga tempi e spazi, il rischio è quello di un’iperconnessione cronica che svuota di senso la produttività stessa.

Per chi guida persone e organizzazioni, diventa sempre più importante interrogarsi su come costruire ambienti di lavoro sostenibili: dove il tempo è rispettato, le priorità sono chiare, e il benessere non è un benefit accessorio, ma parte integrante della strategia.

In questo scenario, cresce il valore di programmi strutturati di wellbeing, che includano non solo la salute fisica o mentale, ma anche aspetti organizzativi: spazi per il recupero, regole condivise sulla disconnessione e formazione sull’uso consapevole della tecnologia, e sull'utilizzo di strumenti di supporto come l’intelligenza artificiale per ridurre il carico ripetitivo.

Non esiste una soluzione unica, ma una direzione sì: rimettere la qualità del tempo al centro, per persone che lavorano meglio e organizzazioni più solide nel lungo periodo.